
“Dopo l’ultima mostra di grande successo dedicata a Louise Bourgeois, il Museo Novecento inaugura un nuovo ciclo di mostre internazionali: abbiamo voluto riunire tutto il grande lavoro di questi ultimi mesi con il titolo SUPERNOVECENTO, tre esposizioni che inaugureremo da domani, dedicate in prevalenza alle artiste del nostro presente, una cavalcata generazionale a partire dalle opere di Marion Baruch, artista di novantasei anni di un’energia inesauribile che continua a sorprenderci con una creatività multiforme, sempre impegnata sul fronte della invenzione concettuale, formale e sui contenuti sociali che hanno caratterizzato i suoi primi passi da artista durante la stagione delle grandi manifestazioni giovanili femministe.
Assieme a questa mostra, la prima antologica di Marion Baruch in un’istituzione pubblica, abbiamo dato spazio alla collettiva Messaggere ospitando cinque giovani artiste provenienti da più continenti, Europa, Asia e Africa, una geografia di sensibilità e comportamenti multiculturali, dove le energie e le visioni di ognuna di loro si distinguono e si armonizzano allo stesso tempo e in uno spazio comune. Uno spazio in cui ad emergere sono le differenti forme di relazione con la sacralità della vita e della natura, con ritualità, simboli e iconografie che mantengono viva la sostanza vitale della sacralità, quanto di misterioso e trascendente resiste nel contemporaneo dell’era digitale e artificiale, quello che di primordiale ci ancora a questo pianeta e ai suoi misteri, il tutto espresso con una ricchezza e una precisione formale inedita. È una grande soddisfazione vedere ripartire il Museo Novecento con questa inesauribile passione e con questa grande capacità di tenuta professionale. Ringrazio le curatrici Eva Francioli e Stefania Rispoliperché il successo di questa mostra, è in gran parte loro. Arriviamo a questo traguardo dopo due anni di preparazione e sono felice anche del generoso sostegno diManifattura Tabacchie della nuova collaborazione conPolimoda. La prossima settimana sarà un altro momento Super per il Museo Novecento quando inaugureremo la grande mostra di Thomas J Price, tra la sede delle ex-Leopoldine, Palazzo Vecchio e Piazza della Signoria. A partire da quella piazza, dove in passato abbiamo istallato le opere di Jeff Koons, Jan Fabre, Urs Fischer, Francesco Vezzoli e Henry Moore sapremo valutare quanto del percorso fatto in questi dieci anni si è sedimentato nella coscienza collettiva dei fiorentini.” Sergio Risaliti Direttore del Museo Novecento

Da sabato 8 marzo, in occasione della Festa della Donna, la mostra Messaggere
A cura di Eva Francioli e Stefania Rispoli, con la direzione artistica di Sergio Risaliti, le sale al piano terra del Museo Novecento, storicamente riservate al nutrimento dell’anima e del corpo delle suore che vivevano nel complesso delle Leopoldine, accolgono con questa mostra il lavoro di una nuova generazione di artiste: Chiara Baima Poma (Cuorgnè, TO, 1990), Fatima Bianchi (Como, 1981), Lucia Cantò (Pescara, 1995), Parul Thacker (Mumbai, 1973) e Tuli Mekondjo (Kwanza-Sul, Angola, 1982).
“Una collettiva al femminile in un luogo storicamente dedicato alle donne, al piano terra dell’ex convento dove vivevano le leopoldine, che inaugura nel giorno dedicato alle donne. – ha detto l’assessore alla cultura Giovanni Bettarini – La nostra città continua a dar spazio alle nuove generazioni di artiste e alla loro ricerca dell’arte e della sperimentazione.”
“Lavorare a questa mostra – affermano Eva Francioli e Stefania Rispoli – è stato come immergerci in una dimensione altra, avvolgente e spirituale. Siamo estremamente grate a Chiara Baima Poma, Fatima Bianchi, Lucia Canto’, Tuli Mekondjo e Parul Thacker per la generosità che hanno mostrato nell’accogliere il nostro invito e per la sensibilità e il grande valore del loro lavoro. Attraverso la loro ricerca abbiamo la possibilità di entrare in contatto con i loro mondi, le loro culture e la loro arte che è in tutti sensi una ragione di vita e ha confermato l’importanza del ruolo che la cultura e le artiste hanno nella società di oggi, facendosi portavoce di messaggi che possono farci riflettere e sedimentare nelle nostre coscienze. Le loro opere si offrono come un invito a guardarci dentro, indicando una via diversa, lontana dal fragore del mondo circostante, grazie alla quale possiamo riconnetterci con la nostra natura più profonda e riscoprire la meraviglia dell’esistenza.”
In un tempo inquieto come quello attuale, che sembra direzionarsi in una dimensione sempre più oscura, la mostra Messaggerevuole sottolineare la natura costruttiva dell’arte, la sua capacità di creare spazi di pensiero, luoghi di confronto e isole di resistenza. Le domande che ci siamo poste nel progettare questa esposizione, e nell’invitare a Firenze le artiste Chiara Baima Poma, Fatima Bianchi, Lucia Cantò, Tuli Mekondjo e Parul Thacker, sono state: in un’epoca così complessa, drammatica e distruttiva, può l’arte essere concepita come una pratica spirituale? Può essere uno spazio, personale e collettivo, in cui sperimentare la fede, la ritualità, la trascendenza oltre la materialità, verso un orizzonte temporale nuovo?
Chi sceglie di intraprendere le strade affascinanti ma impervie dell’arte compie spesso un vero e proprio atto di fede. Libera il desiderio di sognare, rincorre una visione, sente di abbracciare una missione e di trasmettere un messaggio. Si tratta di una forma di ‘spiritualità pratica’, agita quotidianamente, in modo metodico, con dedizione, al di là del riconoscimento altrui.
In una società ossessionata dal profitto, l’artista sembra muoversi come una monade che invita a soffermarsi sui movimenti più intimi e inafferrabili della nostra anima. Rivelando certezze in un momento di deriva, può indicare strade diverse in un mondo segnato dal pensiero dominante, in cui facciamo fatica a riconoscerci e ad avere fiducia in chi ci sta attorno. Per questo appare quanto mai importante credere in un’alternativa ed investire nel proprio messaggio. L’esposizione stessa dell’arte – che implica un invito alla concentrazione, al coinvolgimento e alla contemplazione – porta con sé una ritualità che sembra essere vicina a luoghi sacri, come chiese, templi, santuari e spazi di preghiera di ogni tipo. L’arte sembra vivere in una temporalità diversa, calata nel presente ma anche sospesa in uno spazio quasi trascendente.
La mostra Messaggere si dispiega lungo il loggiato e le sale al piano terra del Museo Novecento che storicamente, quando l’edificio fungeva da ospedale ed era gestito da comunità monastiche femminili, erano riservate al nutrimento dell’anima, con la presenza della cappella, e del corpo, con le antiche cucine. Questi ambienti accolgono una nuova generazione di artiste che, pur essendo diverse per provenienza, cultura, formazione e modalità espressive, appaiono accomunate da una ricerca in grado di toccare le corde più profonde dell’animo umano. L’indagine di Baima Poma, Bianchi, Cantò, Mekondjo e Thacker si svincola da rimandi a precise confessioni religiose per aprirsi a una diversa esperienza del sacro. Prende vita così un inedito percorso di conoscenza, animato da un delicato contrappunto tra le opere, allestite in modo da risuonare armonicamente tra loro nelle sale.

Da sabato 15 marzo a domenica 8 giugno la mostra antologica di Marion Baruch
Un passo avanti tanti dietro, la più ampiaretrospettiva di Marion Baruch (Timisoara, 1929) in un’istituzione italiana, a cura di Sergio Risaliti e Stefania Rispoli. La mostra, omaggio a un’artista instancabile e cosmopolita, nata in Romania ma vissuta tra Israele, Francia e Italia, si estenderà anche negli spazi di Manifattura Tabacchi e di Polimoda, che hanno collaborato e contribuito generosamente alla realizzazione del progetto, dove saranno presentate diverse installazioni ambientali.
“Un’artista che indaga il tempo presente, in tutte le sue contraddizioni” ha detto l’assessore alla cultura Giovanni Bettarini. “La società dei consumi, il patriarcato, il tema del lavoro e quello del femminismo. Anche le discipline e le tecniche utilizzate sono varie e molto diverse tra loro. Siamo felici di ospitare un’artista che si muove tra discipline e temi diversi, tenendo sempre focalizzata la sua attenzione sulle trasformazioni della società che viviamo, accompagnandoci nella sua complessità”
“La collaborazione con Polimoda e il Museo Novecento, che porta in Manifattura Tabacchi le suggestive opere tessili di Marion Baruch, evidenzia ancora una volta la volontà comune di realizzare una visione contemporanea della città tessendo una relazione significativa tra centro e periferia, tra moda, arte e architettura, tra storia e rigenerazione urbana” dichiara Michelangelo Giombini, Head of Product Development & co-CEO Manifattura. “Ringraziamo i partner di questa iniziativa che segna un’altra importante tappa sul percorso di riqualificazione della Manifattura Tabacchi e valorizza con un contenuto eccezionale gli spazi industriali appenarestaurati.”
“Siamo orgogliosi che una mostra di questo livello trovi spazio a Manifattura Tabacchi, nell’edificio che presto ospiterà la nuova Biblioteca di Polimoda. Un luogo dedicato allo studio, ricerca e al dialogo culturale. È un’occasione preziosa per la nostra community di studenti, che attraverso l’opera di Marion Baruch — artista che ricorre spesso nelle loro ricerche — potrà arricchire il proprio bagaglio creativo e critico. Un sentito ringraziamento al Museo Novecento e a Manifattura Tabacchi per aver reso possibile questo dialogo con il lavoro di un’artista che ha segnato la storia dell’arte contemporanea con uno sguardo lucido e anticipatore.” – Massimiliano Giornetti, direttore di Polimoda.
“Dopo la mostra dedicata a Louise Bourgeois, il Museo Novecento e la città rendono omaggio a un’altra straordinaria artista del nostro tempo, Marion Baruch, purtroppo meno conosciuta al grande pubblico, nostro malgrado.- afferma Stefania Rispoli, co-curatrice dalla mostra – Nonostante una carriera lunga e poliedrica, caratterizzata da numerose collaborazioni nel campo delle arti visive e del design, Baruch non ha ancora ricevuto in Italia, il paese in cui ha vissuto a lungo e ancora risiede, il riconoscimento che il suo lavoro merita. Questo è emblematico di un sistema che nel Novecento ha offerto scarso sostegno e visibilità a una generazione di artiste che, con tenacia, hanno affrontato temi rilevanti e lottato per affermare il proprio ruolo. L’intera produzione di Baruch riflette le tematiche politici e sociali del ventesimo secolo, come il femminismo, la critica al consumo e al patriarcato, la migrazione e il linguaggio, e afferma un’idea di arte, di autorialità e di donna indipendente e libera da condizionamenti. Un ringraziamento speciale va a tutti coloro che, in questi mesi, ci hanno guidato e accompagnato all’interno del suo universo, in particolare allo studio dell’artista, rappresentato da Beatrice Cuccirelli e Peter Colombo, che hanno collaborato con noi alla progettazione della mostra, sia in termini concettuali che fisici. Le opere di Baruch, così intrinsecamente poetiche ed evocative, richiedono infatti una cura meticolosa dei dettagli e grande rispetto e dedizione per le tematiche che portano alla luce.”
Le sale situate al primo piano del museo ospitano la prima grande retrospettiva in un’istituzione italiana dedicata a Marion Baruch, artista eclettica, prolifica e cosmopolita, nata in Romania nel 1929 e vissuta tra Israele, Francia e Italia.
Fervente sostenitrice di un’autorialità priva di vincoli, nel corso della sua lunga carriera, Baruch ha esplorato con disinvoltura differenti media, materiali e discipline, dalle arti visive alla moda e al design. Ha così sviluppato un approccio del tutto personale al formalismo, creando un linguaggio espressivo che si concretizza in sculture, dipinti, installazioni, oggetti e immagini molto evocative e mai scontate. Le sue opere evidenziano l’influenza di movimenti e correnti che hanno segnato la storia dell’arte contemporanea degli ultimi decenni – dall’Arte Concettuale al Minimalismo, dalla Critica Istituzionale all’Arte Relazionale – eppure difendono un’indiscutibile autonomia.
In tanti anni, oltre sessanta, Baruch non ha mai smesso di interrogarsi sul significato della creazione artistica e sul suo posizionamento all’interno della società sviluppando un’estetica formalmente molto definita, asciutta e concreta allo stesso tempo, nonché densa di riflessioni legate alla realtà e alla dimensione politica e sociale dell’arte.
La mostra al Museo Novecento consente di ripercorrere in maniera non lineare la sua intensa attività, segnata da continui cambiamenti di rotta e nuove avventure. La disposizione delle opere non segue un ordine strettamente cronologico ma evidenzia la presenza di alcune riflessioni costanti, come quelle attorno al linguaggio, al lavoro, alla migrazione, al femminismo, al patriarcato, alla società dei consumi e a internet. Il percorso espositivo consente di esplorare dai primi lavori di metà degli anni Sessanta, passando per le sculture performative e le opere realizzate con designer come AG Fronzoni e Dino Gavina, la collaborazione con la Galleria Luciano Inga Pin di Milano, la nascita di NAME DIFFUSION negli anni Novanta, il periodo parigino con le opere relazionali e partecipative realizzate in collettivo, e, infine, i lavori in tessuto prodotti dopo il Duemila, con il suo ritorno in Italia a Gallarate, per i quali è ampiamente riconosciuta a livello internazionale.
Il titolo dell’esposizione, Un passo avanti tanti dietro, prende ispirazione da un’opera in tessuto di recente produzione e rende omaggio all’attitudine dinamica, ricettiva e perseverante di questa artista, sempre connessa al tempo presente ma proiettata verso il futuro.