Spoleto Festival dei Due Mondi 2025 diciassette giorni di musica, teatro, danza e cultura tra novità e grandi interpreti

Spoleto Festival dei Due Mondi 2025 diciassette giorni di musica, teatro, danza e cultura tra novità e grandi interpreti

Concerto-Finale@Andrea Veroni

Da quasi 70 anni il Festival di Spoleto rappresenta un ponte tra le arti e un solido banco di prova per miscelare tradizione ed innovazione, per tributare lodi al passato forgiando meglio il futuro. Nella visione di Gian Carlo Menotti, è diventato gradualmente sinonimo di maestria e sperimentazione. Un palcoscenico nella valle umbra dove teatro, danza, musica, opera e arti visive si intrecciano per dar vita ad uno spettacolo che è un unicum nel suo genere.”- Queste parole, pronunciate dal Ministro della Cultura Alessandro Giuli, intervenuto il 18 marzo a Roma nella conferenza di presentazione del cartellone della 68esima edizione della kermesse, delineano i contorni, lo stato attuale e le prospettive future del Festival come ha illustrato il Ministro nel prosieguo del suo intervento – “Questa manifestazione si confermerà, anche quest’anno, strumento di elevazione attraverso un caleidoscopio di emozioni. Per questo, il Ministero rinnova in maniera convinta il proprio impegno a sostegno del Festival: intendiamo seriamente rafforzare l’offerta culturale del Due Mondi che merita di essere ulteriormente arricchita. Favorire le arti, dalle coreutiche alle musicali, significa creare nuove opportunità di crescita, sia per i professionisti del settore che per il pubblico. Un circolo virtuoso che, in quanto rappresentanti dello Stato, ci sentiamo in dovere di innescare e continuare ad alimentare con nuova linfa e nuove risorse. Spoleto stessa, con le sue origini antichissime, non può che essere dei Due Mondi, in un dialogo interculturale e interdisciplinare teso verso l’ascolto dell’altro. Un tema quanto mai di attualità, soprattutto in questi difficili tempi. Questa città si conferma un proscenio naturale per accogliere artisti di fama internazionale e talenti emergenti

Dal 27 giugno al 13 luglio va in scena la 68° edizione nella città di Spoleto che diventa per 17 giorni una vera e propria capitale della cultura a livello mondiale con i migliori artisti del panorama internazionale e un programma fitto di eventi diffusi tra teatri, palazzi, chiese e piazze fino al supercarcere dove sarà allestito lo spettacolo con attori, gli ospiti della struttura su testo scritto dagli stessi.

Il calendario completo di date, eventi e location su: https://www.festivaldispoleto.com/spettacoli/calendario.

Alcune le novità da segnalare a partire dal 28 giugno, per l’inaugurazione del sipario del Teatro Nuovo – Giancarlo Menotti, coevo del Teatro del 1800, restaurato.

Sabato 28 giugno, il ciclo dei concerti di mezzogiorno si apre alle ore 12 al Teatro Nuovo Gian Carlo Menotti con il recital di Sandrine Piau, soprano francese, accompagnata al pianoforte da David Kadouch. All’apice di una straordinaria carriera che in trentacinque anni l’ha portata a esibirsi in tutto il mondo, dall’America al Giappone, Piau ci accompagna in un viaggio intimo: i Lieder di Schubert, Liszt, Clara Schumann, Wolf, Debussy e Duparc scorrono secondo una logica poetica tutta rivolta all’interiorità e alla scoperta, alla possibilità di cambiare guardando dentro se stessi. «È in quelle peregrinazioni dove la malinconia è sovrana che si trova la nostra anima musicale» racconta Piau. «Se c’è qualcosa in cui credo, è che grazie alla spiritualità dell’arte le persone possano andare oltre se stesse. Ogni Lied è una piccola storia, la mia ossessione è raccoglierle e costruire la mia storia». Il concerto è realizzato anche grazie al contributo dei Mecenati del Festival dei Due Mondi.

Rispondendo al Canto della Terra di Gustav Mahler, in programma con la Budapest Festival Orchestra nella versione da camera (11-12 luglio), il 68° Festival dei Due Mondi dedica un intero ciclo al repertorio liederistico: la voce, lo strumento che ci accomuna, è anche quello che ci tocca di più. Abbracciando il repertorio francese, tedesco, inglese e italiano, saranno ospiti a Spoleto, al Teatro Caio Melisso Carla Fendi, cantanti del calibro di Benjamin Appl (4 luglio), Matthew Rose (5 luglio), Raffaele Pe (5 luglio) e Lea Desandre (6 luglio).

Tra i soprani più acclamati a livello internazionale, Piau ha collaborato con direttori di fama mondiale come William Christie, René Jacobs, Fabio Biondi e Raphaël Pichon, esibendosi nei più prestigiosi teatri e festival internazionali, tra cui il Festival di Salisburgo, l’Opéra di Parigi, la Dutch National Opera, il Covent Garden e il Concertgebouw. La sua ricca discografia conta quasi 100 titoli e spazia da Händel e Mozart a Rameau e Strauss. È stata la prima artista francese a ricevere l’Handel Society Award.

Al termine del concerto sarà mostrato al pubblico il sipario storico del Teatro Nuovo Gian Carlo Menotti, restaurato grazie all’intervento di AgriEuro, alla presenza del sindaco di Spoleto e Presidente della Fondazione Festival dei Due Mondi Andrea Sisti.

Sabato 28 e domenica 29 giugno, La Sydney Dance Company sbarca a Spoleto per lo spettacolo che apre la sezione Danza del 68° Festival dei Due Mondi: al Teatro Romano va in scena Impermanence, tra le più popolari creazioni concepite del coreografo Rafael Bonachela per la compagnia australiana.

Quella di Bonachela è una riflessione sulla fragilità della bellezza e della vita, fatta a partire dall’immagine del lussureggiante bush australiano, minacciato ogni estate dagli incendi, o delle guglie di Notre-Dame, che tutti ricordiamo avvolti dalle fiamme. Bryce Dessner – vincitore di un Grammy Award noto per il suo sound ricercato, per le colonne sonore di celebri film (The Revenant The Two Popes) e soprattutto per essere membro della rock band The National – firma le musiche originali, eseguite dal vivo dal Quatuor Zaïde insieme a brani dall’album Another World di Anohni (aka Anthony and the Johnsons).

A proposito della genesi dello spettacolo, Bonachela racconta: «L’idea di Impermanence è nata durante una conversazione con Bryce Dessner nel luglio 2019: il titolo dell’opera riflette la natura effimera della vita. L’ho incontrato a Parigi, dove vive, poco dopo l’incendio di Notre Dame. Abbiamo parlato di come le cose possano cadere a pezzi facilmente, anche le strutture che immaginiamo eterne, e abbiamo parlato della fragilità e dell’impermanenza della vita umana, del pianeta e delle relazioni umane. In questo concetto c’è qualcosa di così bello e allo stesso tempo così devastante che abbiamo deciso di esplorare questo concetto attraverso la musica e la coreografia».

Marinella Guatterini scrive nel programma di sala: «Quando Impermanence vide la luce, portava ancora le stigmate del lockdown: una sorta di rabbiosa necessità di uscire allo scoperto, farsi guardare, brillare alla luce del sole dopo tanta ombra, e reimmergersi nel flusso della vita. Ecco allora, l’infilata di veloci e potenti assolo, duetti quartetti e quintetti: un atletismo però minato da momenti quasi destabilizzati da una voluta insicurezza e qua e là, da un’atmosfera di solitudine. I ballerini si muovono anche ondeggiando, si “rispondono” a vicenda, in un crescente flusso e riflusso oceanico di connessione e distanziamento».

Da sempre la Sydney Dance Company si distingue per il respiro internazionale delle sue collaborazioni. L’arrivo di Bonachela, nato a La Garriga e formatosi alla prestigiosa compagnia Rambert di Londra, nel 2008 ha portato una profonda trasformazione, inaugurando una nuova era nella danza contemporanea australiana.

Giovedì 3 luglio, dopo Rhiannon Giddens, Dianne Reeves e Angélique Kidjo, la serie di grandi artiste in Piazza Duomo per il Festival dei Due Mondi continua con la regina del sitar Anoushka Shankar. Figlia del leggendario musicista indiano Ravi Shankar, a 44 anni Anoushka ha alle spalle una carriera folgorante: il primo album uscì quando non era ancora diciottenne, è stata la più giovane artista a ricevere il British House of Commons Shield e la prima donna indiana a esibirsi e a presentare i Grammy Awards, collezionando undici nomination, ha collaborato con artisti come Nina Simone, Sting, Madonna, Elton John e Peter Gabriel, è regolarmente ospite delle più prestigiose sale da concerto, dalla Carnegie Hall di New York alla Salle Pleyel di Parigi.

Per Anoushka il sitar è il passato, il presente e il futuro. Lo ascoltava ancora prima di nascere e ha iniziato a suonarlo a sette anni seguendo le orme del padre: «Ha sempre avuto qualcosa di molto emotivo per me. Quando in un brano musicale entra il sitar, ti colpisce sempre», racconta. Il sitar è anche la sua chiave per costruire un linguaggio musicale inaudito, riscoprendo la tradizione musicale indiana attraverso le sonorità elettriche e l’apertura verso tutti i generi: pop, rock, blues, soul, country, folk. «Anoushka Shankar è una di quelle artiste che non si fermano alle apparenze, ma che viaggiano su una dimensione – oggigiorno – definibile ultraterrena, perché la sua bellezza compositiva, il suo continuo rinnovamento (pur con i piedi saldamente ancorati nella tradizione), la sua tecnica inossidabile, hanno pochi pari» scrive Alceste Ayroldi nel programma di sala.

A Spoleto Shankar arriva accompagnata al clarinetto e tastiere da Arun Ghosh, al contrabbasso da Tom Farmer e alla batteria e percussioni da Sarathy Korwar, e presenta il suo album Chapter III: We Return To Light, terzo e ultimo della trilogia: i suoni raga indiani, si scontrano con ritmi in loop, texture ambientali e groove trance ipnotici. Un viaggio che dalla leggerezza di un pomeriggio estivo conduce fino al calore del mattino, simbolo di forza, saggezza e cambiamento.

Da non perdere anche l’appuntamento di venerdì 4 luglio alle ore 23 a Palazzo Collicola: la musicista, cantante e producer Arushi Jain presenta un live set con il suo ultimo album Delight, tra musica indiana e sperimentazione elettronica.

Sabato 5 e domenica 6 luglio, tra gli artisti internazionali ospiti del 68° Festival dei Due Mondi ci sono il leggendario Berliner Ensemble e il giovane regista rivelazione Ersan Mondtag, artefici della nuova messa in scena del celebre Woyzeck di Georg Büchner, al Teatro Nuovo Gian Carlo Menotti ore 19, ore 15 in prima italiana.

Con 125 anni di attività, il Berliner Ensemble porta il nome della compagnia teatrale con cui Bertolt Brecht girò il mondo e ha fatto la storia del teatro affrontando temi di rilevanza sociale. A Spoleto, l’Ensemble ha presentato, insieme a Robert Wilson, Peter Pan (2014), Lulu (2012), Shakespeares Sonette (2010) e L’opera da tre soldi (2008). Celebre per le sue regie distopiche, il regista e artista visivo Ersan Mondtag è noto per il suo approccio interdisciplinare: nel 2024, insieme all’artista multimediale Yael Bartana, ha progettato il padiglione tedesco della 60ª Biennale d’Arte di Venezia.

Woyzeck è il protagonista di uno dei testi più visionari della letteratura tedesca, scritto nel 1836 da Georg Büchner a partire da un caso di cronaca: il 2 giugno 1821 Johann Christian Woyzeck pugnalò a morte la sua amante e fu condannato alla pena di morte. Nel dramma di Büchner, Woyzeck è un umile soldato al servizio di un capitano come barbiere. Il suo salario non è sufficiente per provvedere alla sua amata Marie e al loro bambino, e per questo si fa assumere come cavia di esperimenti medici, che lo indeboliscono al punto da perdersi gradualmente in un mondo di illusioni, che finisce per divorarlo. Nonostante i suoi sforzi per essere una brava persona, Woyzeck uccide Marie, intrappolato in una società che non gli offre nulla nella vita. «Ogni uomo è un abisso, si ha un senso di vertigine quando si guarda in basso»: così Büchner intendeva l’uomo e la società.

190 anni dopo Ersan Mondtag reinterpreta Woyzeck con uno sguardo contemporaneo, ambientandolo in un accampamento isolato nella foresta, dove una piccola comunità celebra una mascolinità tossica. Woyzeck cade vittima di schemi ottusi e patriarcali e la sua lotta per la dignità viene continuamente frustrata da dinamiche di potere disumane. Mondtag spiega: «Da sempre mi affascina il rapporto tra la colpa individuale e la responsabilità collettiva. Mi interessa la dinamica che porta un individuo a compiere un gesto estremo e la possibilità che, dietro un crimine, si celi una violenza repressa. Con Woyzeck, Büchner ci pone davanti a una questione scomoda: comprendere il gesto di un singolo individuo nella sua tragica necessità. Oggi, questa riflessione è più attuale che mai, poiché tendiamo a giudicare rapidamente ciò che è in realtà frutto di meccanismi complessi. L’indignazione per un crimine individuale spesso ci impedisce di analizzarne le radici più profonde».

Da venerdì 11 a domenica 13 luglio, L’amore non lo vede nessuno: tra thriller e storia d’amore, in scena l’ultimo romanzo di Giovanni Grasso con la regia di Piero Maccarinelli e concepito per gli spazi di San Simone: va in scena in prima assoluta, interpretato da Giovanni Crippa (che sostituisce Massimo Venturiello, precedentemente annunciato), Stefania Rocca e Franca Penone.

Lo spettacolo (dopo Fuoriusciti e Il caso Kaufmann) segna il terzo capitolo della collaborazione teatrale tra Maccarinelli e Grasso, giornalista e scrittore. Grasso definisce il suo testo un “thriller esistenziale”: «È una storia contemporanea, con personaggi di fantasia. Ma le dinamiche che si creano tra i protagonisti sono molto plausibili e sono ispirate alla cronaca, alle testimonianze e alle esperienze vissute o raccontate». Un’attenzione al contemporaneo condivisa con Maccarinelli: «Dagli inizi della mia carriera, nei primi anni ’80, ho privilegiato i testi contemporanei, perché credo siano il miglior modo per tenere desta e appassionata la platea degli spettatori […] Nulla mi dà gioia come scoprire testi nuovi, sono un lettore onnivoro di romanzi».

Ma L’amore non lo vede nessuno è anche il racconto di una storia d’amore. Silvia è in cerca di risposte sulla morte improvvisa di sua sorella Federica. Ogni martedì pomeriggio, in un anonimo bar di provincia, incontra di nascosto un affascinante sconosciuto. Sono legati da un patto. Lui ha promesso di rivelarle ogni particolare sulla sua relazione con Federica, morta da pochi giorni in un incidente stradale in circostanze sospette. Lei, in cambio, si è impegnata a non fare ricerche per scoprire l’identità del suo misterioso interlocutore. Ma fino a che punto siamo disposti a fidarci di uno sconosciuto? E fino a che punto possiamo svelare i nostri più intimi segreti e mostrare le nostre emozioni più profonde? In due spazi compresenti – la casa piccolo borghese di Silvia e un bar di periferia – Massimo Venturiello, Stefania Rocca e Franca Penone danno voce a personaggi in un crescendo di tensione e colpi di scena. Mentre l’amica Eugenia cerca di metterla in guardia, Silvia si immerge sempre più nei segreti della sorella, tra amori assoluti e giochi di potere.

«La mia intenzione era quella di raccontare una storia dove nessuno è veramente colpevole, ma nessuno veramente innocente. Da qui scaturisce l’esigenza di perdonare, per perdonarsi. Se lo spettatore, oltre ovviamente ad apprezzare la bellezza dello spettacolo, riuscirà anche a interrogarsi su questo tema, per me la missione sarà compiuta» commenta Grasso.

I biglietti e gli abbonamenti per tutti gli spettacoli sono in vendita su www.festivaldispoleto.com, tramite il Call Center al numero +39 0743 776444 e presso:

• Festival Box Office & Merchandising, via Saffi, 12 | Spoleto – aperto tutti i giorni con orario 10-13 e 15-18

• Box Office Vivaticket, viale Trento e Trieste 78 | Spoleto

• Punti vendita nazionali Vivaticket, elencati sul sito www.festivaldispoleto.com

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